Più l'umanità si evolve, e più creiamo astrazioni su astrazioni.
Il linguaggio è un ottimo esempio di questo. Il nostro cervello sembra essere molto propenso a pensare tramite delle storie. Storie che possono essere codificate sia tramite dei suoni che tramite dei simboli. Rispetto al suono, il simbolo tende a sopravvivere nel tempo. Una caratteristica affatto banale.
Il linguaggio simbolico è un ottimo strumento. Come ogni strumento però, deve essere conosciuto in tutte le sue potenzialità e in tutte le sue limitazioni. Il più grande limite del linguaggio è proprio il suo essere una astrazione.
Che significa essere una astrazione?
Per come penso alle cose, essere una astrazione significa essere più distanti dall'essenza della vita. Tra l'esperienza di un fatto ed il discorso che se ne fa sopra, c'è una grandissima differenza. Differenza che, forse, facciamo sempre più difficoltà ad apprezzare.
L'umanità si sta sempre di più muovendo verso la digitalizzazione della propria esperienza. E questo movimento non sembra avvenire per cause ignote. È, a tutti gli effetti, ricercato. Perché digitalizzare l'esperienza significa anche averne più controllo in merito. L'invenzione del computer e le teorie matematiche dell'informazione e della computazione non hanno fatto altro che velocizzare e rendere ancor più chiara questa ricerca, che comunque può essere intravista anche nei secoli precedenti.
La scienza e la tecnologia non potrebbero esistere senza l'abilità umana di astrarre, di creare modelli del mondo che non esistono direttamente nella realtà fisica, ma che agiscono in una realtà che si trova ad un livello superiore da quella fisica. La realtà umana condivisa, quella che creiamo stando assieme, condividendo valori e visioni. Anche la religione non potrebbe esistere senza questa abilità di astrarre. Scienza e religione da questo punto di vista rappresentano due modalità diverse di applicare la stessa abilità.
Questo pensiero in parte mi spaventa. Non sono contrario in modo assoluto alle astrazioni. Sarebbe assurdo avere un punto di vista del genere. La consapevolezza umana ha bisogno di astrazioni, altrimenti non potrebbe vivere. E io voglio continuare a vivere, almeno per un po' di tempo. Quello che mi spaventa è l'utilizzo che ne facciamo di queste astrazioni, il fascino che suscitano sulla nostra mente, e la totale ignoranza che abbiamo rispetto al loro funzionamento.
Il fascino delle astrazioni deriva dal fatto che la nostra mente è stata progettata dal processo di evoluzione per essere pigra. Questa non è una caratteristica delle persone deboli. È una caratteristica delle creature viventi. Economicamente, non ha senso spendere più di quel che tecnicamente si deve spendere per ottenere un certo risultato. La nostra mente è una mente che cerca continuamente le strade per sforzarsi di meno, per sopravvivere pagando il meno possibile.
È proprio considerando questa naturale tendenza alla pigrizia che le astrazioni mi preoccupano. Più una astrazione è potente, flessibile e disponibile, e più sarà forte il desiderio di utilizzarla. Questa caratteristica ci rende ciechi. Ci impedisce di vedere oltre l'astrazione. Di capire che magari non c'è bisogno di utilizzarla, che ci sono altre strade, strade che inizialmente potrebbero richiedere molto più sforzo ed impegno, ma che se perseguite alla lunga ci riusciranno a dare risultati molto più stabili e importanti.
Come al solito, il dilemma è sempre rispetto al tempo: scelgo la strada breve, quella che mi da subito la ricompensa, ma che a lungo termine mi indebolisce, oppure quella lunga e tortuosa, che inizierà a dare i frutti solo dopo anni ed anni di impegno, frutti che potrei non vedere mai, considerata l'incertezza della vita.
Ovviamente non esiste sempre una risposta. Dipende da contesto a contesto. In generale però, per effettuare questa tipologia di scelte – capire quando affidarsi alle astrazioni e quando invece evitarle, o quando provare a comprenderle e quando invece lasciar stare – risulta assai utile conoscere la complessa natura delle astrazioni, ed il fatto che tutto, in questo mondo, ha un costo.
Personalmente, studiare informatica, una materia piena di astrazioni, mi ha permesso di capire molto, non solo dell'informatica ma della vita più in generale. L'esperienza di costruire una astrazione digitale è utile nel senso che permette di rimuovere l'aspetto magico che da piccoli associamo alla tecnologia. Studiare le cose, capirne gli aspetti semplici e quelli complessi, capire e apprezzare le limitazioni delle varie tecnologie, rende il tutto più tangibile, più reale e meno astratto.
È proprio studiando una astrazione che la riportiamo nel concreto, nel reale, che la riconduciamo a qualcosa di più umano. La magia potrà pure essere affascinante e divertente, ma diventa anche molto spaventosa quando la nostra vita dipende da "oggetti magici" a noi sconosciuti.
Certo, la magia esisterà sempre, perché non ci sono le risorse per imparare a conoscere tutte le astrazioni che ci circondano. Come al solito, i discorsi in assoluto perdono di significato. Sta nelle giuste approssimazioni il bello. In questo caso, l'obiettivo non è conoscere tutte le astrazioni per rimuovere tutta la magia del mondo. L'obiettivo è conoscere quelle utili da conoscere, in modo da avere gli strumenti per analizzare di volta in volta la magia del momento.
Anche perché, non tutte le astrazioni sono uguali. Alcune sono alla nostra portata più di altre. Ed è proprio ragionando su quelle alla nostra portata, come le astrazioni digitali nel campo informatico, che si comprende a fondo quanto inutile possa essere ragionare su altre astrazioni, come ad esempio l'amore.
La ragione è un ottimo strumento. Bisogna capire quando utilizzarla, e quando lasciarla stare. Perché la ragione non è l'unico strumento a nostra disposizione.