../ Il dono dell'ignoranza

Inizio questo blog post con una osservazione, personale ed intuitiva:

I ricordi emotivi riescono a resistere al progredire del tempo.

Ciascuno di noi cambia continuamente, ogni giorno, è vero. È altrettanto vero che in ciascun di noi sono conservate, da qualche parte, in qualche modo, tutte quelle esperienze emotive che, sommandosi assieme, ci caratterizzano.

Se ripenso al cambiamento che ho vissuto nel modo in cui mi rapporto alla matematica, vedo come questo percorso sia pieno di cose da raccontare, grandi e piccole, ciascuna a modo suo dimostrazione dell'immensa complessità della mente umana.


Prima di iniziare l'università avevo della matematica una visione alquanto bizzarra, se confrontata con quella che sento di avere in questo periodo. Mi sembrava tutto così chiaro e preciso. Una precisione fredda e terribile, che gridava dentro di me:

La matematica è così, e non fa per te, tu pensa ad altro in questa vita!

L'incapacità che sentivo di fronte ad un qualsiasi problema matematico era così grande che cercavo il più possibile di evitarla. Solamente a scuola, qualche volta, ero costretto ad affrontarla. A rendere la situazione comica, per una serie di eventi durante le superiori ero considerato uno degli studenti più bravi della classe. Alle medie non ero mai stato considerando bravo, ma alle superiori ero riuscito ad affermarmi come "quello bravo", "quello che studia e che ci capisce di matematica". Per quanto tutti intorno a me continuavano a trattarmi come quello bravo, ho sempre avuto una buona consapevolezza delle mie abilità effettive. Sapevo quindi che nella realtà dei fatti non ero così bravo. La realtà dei fatti era ben diversa: la matematica mi spaventava, e mi spaventava proprio per il fatto che mi faceva sentire incapace e stupido.

Ripensando a quelle emozioni, capisco perché un tempo mi sentivo così incapace di fronte alla matematica. Come al solito, non c'è una singola ragione, un solo perché. Ci sono, semmai, tante ragioni, tante strade. Una di queste strade è che, non essendomi mai veramente applicato nello studio in generale, ed in particolare nello studio della matematica, avevo tante mancanze portate dagli anni precedenti. Succedeva quindi che anche se imparavo le nozioni necessarie per svolgere il compito di matematica del momento, andavo quasi inevitabilmente a compiere degli errori che a prima vista sembravano semplici errori di distrazione, delle piccole banalità insomma, ma che in realtà nascondevano delle importanti mancanze che non ero mai riuscito a colmare. A rendere il tutto più difficile, essendo giovane e cieco, io stesso non sapevo perché commettevo quei particolari errori. Commettevo quegli errori perché ero ignorante, non perché ero distratto. Sapevo di essere ignorante, ma non sapevo i dettagli della mia ignoranza.

È possibile conoscere i dettagli della propria ignoranza?

Tra tutti, c'è un particolare un errore a cui ripenso molto spesso. L'errore che facevo era il seguente

\[(a + b)^2 = a^2 + b^2\]

Per chi ha già capito l'errore, può tranquillamente saltare la spiegazione a seguire. Per tutti coloro che vogliono capire cosa ho sbagliato in quel calcolo, consideriamo la seguente espressione

\[(a + b)^2\]

Questo tipo di espressione è una espressione algebrica, perché è composta sia da numeri che da variabili. Qui in particolare le variabili sono \(a\) e \(b\), che in qualsiasi momento possono poi essere sostituite con dei numeri. Se ad esempio sostituiamo \(a=5\) e \(b=4\) allora otteniamo

\[(a+b)^2 = (5+4)^2 = 9^2 = 9 \cdot 9 = 81\]

Nell'espressione il fatto che il simbolo \(2\) è messo al di sopra delle parantesi in quel particolare modo sta indicando una potenza. Le potenze sono utili quando dobbiamo moltiplicare tante volte un numero. Consideriamo ad esempio

\[5 \cdot 5 \cdot 5 \cdot 5 = 625\]

Piuttosto che scrivere quattro volte il numero \(5\) con i vari segni delle moltiplicazioni, possiamo utilizzare le potenze come segue

\[5^4 = 5 \cdot 5 \cdot 5 \cdot 5 = 625\]

Nell'espressione in alto però, come ho già menzionato, non abbiamo solamente un numero, bensì abbiamo un'espressione algebrica. In questo caso quindi, anche se l'idea dietro alle potenze è la stessa, ciò che dobbiamo moltiplicare più volte tra loro sono, appunto, espressioni algebriche. Otteniamo quindi la seguente espressione

\[(a + b)^2 = (a + b) \cdot (a + b) \]

Notiamo che ho applicato la stessa regola per gestire le potenze, sia nel caso dei numeri, che nel caso di espressioni algebriche: elevare alla seconda potenza significa moltiplicare un valore per se stesso. Eseguendo il calcolo, che non starò qui a ripassare, troviamo il seguente risultato

\[\begin{split} (a + b)^2 &= (a + b) \cdot (a + b) \\ &= a \cdot a + a \cdot b + b \cdot a + b \cdot b \\ &= a^2 + 2ab + b^2 \end{split}\]

Qual era quindi, l'errore commesso? L'errore sta nel fatto che per come l'avevo scritto io prima, mi ero dimenticato di aggiungere il fattore \(2ab\) al risultato. Mi ero ricordato correttamente i fattori \(a^2\) e \(b^2\), ma avevo dimenticato quello in mezzo, ovvero \(2ab\). Questo errore, per quanto banale, se analizzato con la giusta attenzione, nasconde in sé il modo in cui approcciavo la matematica: imparavo regole e procedimenti a memoria da ripetere durante l'esame. Non c'era un ragionamento umano dietro a ciò che scrivevo. Non c'era comprensione. Manipolavo simboli, ma senza capire il significato di quei simboli. Erano solo simboli e procedure che tiravo fuori dalla mia memoria dopo aver fatto abbastanza esercizi per capire, non il perché le cose andavano proprio in quel modo, quanto piuttosto cosa dovevo scrivere per risolvere correttamente il problema. Non mi chiedevo cosa significava veramente elevare ad una potenza. Mi limitavo a scrivere la risposta che avrei dovuto ottenere provandola a ricordare a memoria. La manipolazione di simboli automatica e senza ragionamento è proprio il modo in cui funzionano i computers. Divertente pensare che studiando informatica, studiando da vicino il modo in cui i computer funzionano, ho ritrovato parte della mia umanità, quella parte che si manifesta nel ragionamento logico-matematico intuitivo.

Un tempo ero molto più simile all'essenza di un computer di quanto non lo sia adesso.

La più grande paura che ho dovuto affrontare durante l'ultimo anno delle superiori era proprio relativa alle mie caranze in matematica e in generale nelle materie scientifiche. Sapevo che volevo studiare qualcosa relativo all'informatica, ma ero terribilmente spaventato di fronte a questa nuova direzione, conoscendo fin troppo bene la vastità delle mie carenze. Sentivo che tra me e ciò che volevo fare c'era di mezzo la matematica, un muro troppo alto e resistente, che non sarei riuscito a scalare.

Per fortuna, la cose sono andate meglio delle mie aspettative. E forse sono andate così bene proprio perché avevo delle aspettative molto basse, che mi hanno permesso di concentrarmi su ciò che doveva essere fatto. Nel momento del bisogno, sono stato forunato, e ho trovato delle risorse di qualità che mi hanno potuto dare ciò di cui avevo bisogno, ciò che al tempo non ero ancora riuscito a costruire

L'opportunità di costruire delle solide fondamenta

Scriverò in altri blog post i dettagli sulla particolare risorsa che ho utilizzato. Per farla breve, si tratta di Khan Accademy, una nonprofit la cui missione, ripresa dal sito ufficiale (https://www.khanacademy.org/), è quella di offrire una educazione di qualità senza nessun costo economico per tutte le persone interessate ad imparare.

Trovare questa risorsa ha rappresentato un momento critico nella mia crescita. Prima, ero perso, consapevole delle mie lacune, intenzionato ad imparare ciò che non ho mai imparato, ma allo stesso tempo spaventato e smarrito nel cercare di dar senso al caos che trovavo in internet rispetto al contenuto matematico. Poi, ho trovato Khan Accademy, e questo mi ha permesso di approcciare le mie lacune in modo progressivo e sistematico. Cominciando dal ripassare argomenti molto introduttivi, tipicamente trattati verso la fine delle elementari e il periodo delle medie, sono riuscito, lentamente, a colmare le mie lacune, studiando intensamente durante tutto il periodo delle vacanze estive. Ricordo con felicità quel periodo. Di giorno, studiavo; di notte, giocavo. Ero nel mio piccolo mondo, consapevole della tempesta che sarebbe venuta i primi mesi dell'università, cercando di godermi quelle poche ore che mi rimanevano, cercando, finalmente, di imparare veramente quella materia che mi ha sempre fatto sentire incapace.

Ho passato almeno due mesi a studiare continuamente i concetti base di matematica. Alla fine di questo periodo, dovevo sostenere l'esame di ammissione all'università. Era un esame che non era nemmeno necessario da superare per iscriversi. Se l'avessi fallito, avrei dovuto recuperare dei debiti formativi, ma sarei comunque riuscito ad iscrivermi. Molte cose erano ancora al di fuori della mia portata, e all'esame presi \(13/25\), il voto minimo per passare. Per me fu una sconfitta, al tempo, una forte sconfitta emotiva, che suscitò in me profonde sensazioni di vergogna ed incapacità. Adesso, invece, ripensandoci, anche solo quei tredici punti, il minimo necessario, erano comunque una vittoria, il primo segnale di un cambiamento lento ma inesorabile.

La vergona, nella sua terribile potenza, può essere molto utile, se impariamo ad utilizzarla.

Dopo quella sconfitta emotiva, ho continuato ad impegnarmi assiduamente nello studio durante tutto il primo semestre. Ore e ore cercando di capire, non più semplicemente come fare per superare l'esame, ma, piuttosto, l'essenza di ciò che stavo studiando. L'esame di matematica discreta è stato, senza dubbio, fondamentale. Mentre Khan Accademy mi aveva dato le basi intuitive per capire le cose più semplici della matematica, studiare la teoria degli insiemi, il linguaggio della logica del primo ordine, le funzioni, i numeri naturali, la teoria dei numeri, la teoria dei grafi, ed un sacco di altre cose, mi ha finalmente permesso di sbloccare qualcosa di nuovo in me. Un nuovo modo di vedere e percepire il mondo. Durante questo periodo ho sentito l'avvenimento di un profondo cambiamento nel modo in cui mi approcciavo alla matematica. Ancora ero terribilmente alle prime armi, e la mia ignoranza rimaneva enorme. Eppure, nel mezzo dell'oscurità, ero finalmente riuscito a conquistarmi un piccolo spazio di manovra. Un piccolo spazio di sicurezza.

Finalmente, ero riuscito a pentrare alcuni dei linguaggi della matematica.

Finalmente, sentivo dentro di me una nuova consapevolezza.

Che anche io, dopotutto, potevo comprendere la matematica.

Ritorniamo quindi all'errore che mi capitava di fare durante le superiori.

\[(a + b)^2 = a^2 + b^2\]

Nel corso dei miei studi, mi è capitato di incontrare nuovamente questa formula. Ma questa volta, vista sotto un altro punto di vista, si è trasformata, sorprendentemente, da falsità a verità.


Verso la fine del mio percorso triennale all'università stavo frequentando un corso di crittografia erogato dal corso di laurea di matematica. Durante il corso, ad un certo punto, il professore dimostrò un risultato matematico, in gergo tecnico, un teorema. Non è importante capirne i dettagli. Il teorma dimostra che lavorando in \(\mathbb{Z}_p\), con \(p\) numero primo, vale la seguente formula

\[(a + b)^p = a^p + b^p\]

In particolare, per \(p=2\), lavorando in \(\mathbb{Z}_p\) ritroviamo quella fatidica formula

\[(a + b)^2 = a^2 + b^2\]

Il teorema è anche chiamato Freshman's Dream. Ora, se guardate attentamente, la formula appena scritta in alto è uguale alla formula sbagliata che mi è capitato di scrivere svariate volte alle superiori. La formula del teorema può anche essere scritta in un altro modo, che è il seguente

\[(a + b)^2 \equiv_2 a^2 + b^2\]

Questo nuovo modo di scrivere la formula ci permette di apprezzare meglio le differenze che esistono tra questo risultato, che d'altronde è un teorema con una propria dimostrazione, e la formula che scrivevo io da ragazzino, che è un semplice errore.

\[\begin{split} (a + b)^2 &= a^2 + b^2 \;\;\;\;\;\;\; &\text{(formula falsa)} \\ \\ (a + b)^2 &\equiv_2 a^2 + b^2 \;\;\;\;\;\;\; &\text{(formula vera)} \\ \end{split}\]

Dal punto di vista dei simboli utilizzati, le due formule differiscono solo per il simbolo utilizzato per l'uguaglianza. Questa piccola differenza visiva porta con sé profonde implicazioni rispetto al significato delle due formule. Per quanto simili, queste due formule stanno dicendo due cose diverse. In particolare queste due formule agiscono su due contesti diversi della matematica. La formula in alto agisce nel contesto che noi tutti noi conosciamo, anche i non adetti alla matematica. In questo contesto abbiamo che \(2 + 2 = 4\). Questo è il contesto in cui noi tutti lavoriamo implicitamente e senza neanche saperlo quando dobbiamo calcolare il conto al ristorante. La formula in basso, invece, agisce in un contesto diverso, un contesto più particolare, che incontra solamente chi studia matematica, o programmazione, e che tecnicamente si descrive con il simbolo \(\mathbb{Z}_2\). Per i non adetti ai lavori, è un altro luogo, un luogo in cui \(2 + 2 = 0\). Per quanto i simboli utilizzati nelle due formule sono essenzialmente gli stessi, il loro significato è completamente diverso, perché il contesto matematico in cui operano quei simboli è completamente diverso. Ed è proprio in funzione di questa differenza di contesti che possiamo affermare che la prima formula è falsa, un errore appunto, mentre la seconda è vera.

Quando vidi per la prima volta questo risultato, la mia reazione fu quella di sorridere. Una formula, che nella maggior parte di contesti è sbagliata, che io stesso ho sbagliato tante volte nella mia vita, riesce a trovare un contesto in cui essere giusta. Inizialmente questo mi ha sorpreso, ma poi, riflettendoci un pochino, ho capito che in realtà questo è alquanto scontato, se consideriamo che

Una formula, di per sé, è solo un sequenza di simboli

La matematica non è fatta di formule. La matematica è fatta di conoscenze, di ragionamenti, di comprensione. Il fatto è che molto spesso queste conoscenze sono codificate tramite formule in quanto le formule sono il modo più efficiente che abbiamo trovato per condividere questa conoscenza, altrimenti estremamente difficile da diffondere. Studiare matematica significa anche questo, significa capire che una formula non è mai una formula in senso assoluto, ma è sempre una formula in senso relativo, ovvero in relazione ad uno specifico contesto matematico, un contesto che riempie di significato i vari simboli. Prima di iniziare a fare matematica, dobbiamo definire il contesto in cui ci muoviamo, il significato che associamo ai vari simboli.

Nell'esperienza comune, invece, succede molto spesso che veniamo assaliti da formule su formule, e molto spesso non capiamo neanche cosa quelle formule vogliono rappresentare. Non sappiamo il perché stiamo manipolando quei simboli. Siamo, a tutti gli effetti, trattati come macchine, non come esseri umani in grado di capire non solo il come, ma anche, e soprattutto, il perché di qualcosa. E così facciamo errori su errori, e non capiamo la differenza tra errori di calcolo ed errori di comprensione. Non ci accorgiamo delle nostre lacune e diventiamo ciechi alla nostra stessa ignoranza, finendo in alcuni casi per dubitare la nostra stessa capacità di portare avanti ragionamenti di tipo matematico. Questa, almeno, è stata la mia esperienza.

Studiando matematica all'università, ho capito che la matematica può essere tantissime cose. Ognugno di noi vive la matematica in un modo unico e proprio. C'è chi la vive in modo distante, e chi in modo vicino. Chi con ansia, e chi con serenità. C'è chi pensa che la matematica sia inutile, e chi non può far altro che elencare le sue innumerevoli applicazioni. Io, personalmente, la vivo in tutti questi modi e tanti altri. La vivo in tutti i possibili modi in cui la posso vivere. A momenti la sento vicina, a momenti la sento distante. Certe volte mi fa sentire inadatto, altre volte mi fa sentire sereno e felice delle mie abilità. Alcune volte penso sia una risorsa fondamentale, altre volte penso sia poco utile. La ricchezza che ho ritrovato nella matematica è difficile da descrivere. È una ricchezza che mi porto dentro.

Questi anni di studio mi hanno permesso di apprezzare che la pecularità della matematica non è né la sua universalità e né la sua generalità. La matematica non è completa, e molte cose sfuggono al suo potere. La cosa sorprendentemente bella della matematica è, piuttosto, la sua netta precisione, ovvero l'abilità di descrivere precisamente il significato degli oggetti con cui si sta lavorando.

La matematica è uno strumento, uno strumento per plasmare il mondo.

La matematica è un terreno da esplorare, su cui costruire il nostro futuro.

Suggerirei, a quel ragazzino che ero un tempo, di non abbattersi rispetto alla propria ignoranza. L'ignoranza, in realtà, può anche essere un dono, perché a seconda di come reagiamo alla nostra ignoranza ed ai nostri errori, essere ignoranti può significare semplicemente che siamo pronti ad imparare.

E c'è forse qualcosa di più bello dell'esser pronti ad imparare?