È da un po' di mesi che non scrivo. Scrivere richiede tanto. Tanta attenzione. Tanta cura. La paura è sempre la stessa: scrivere cose poco significative, scrivere cose che si dimenticano il giorno dopo, o, anche peggio, il giorno stesso.
Sto arrivando alla lenta conclusione che
Il significato si trova in tutte quelle piccole e grandi frustrazioni che la vita ci offre, ogni giorno. Vivere è difficile, e la difficoltà sta proprio nel saper come estrarre del significato da tutta la sofferenza della vita. La difficoltà sta nel pensare alla sofferenza come ad uno spazio vuoto, un vuoto da riempire di significato. Questo è il problema dei problemi.
La vera tragedia non è vivere una vita piena di sofferenza, ma non riuscire a riempire di significato la propria sofferenza. Un qualcosa di difficile da fare, se consideriamo la natura di alcune sofferenze, che lasciano dei vuoti tanto profondi quanto l'universo stesso. Questa è la ragione per cui le religioni hanno sempre vinto il cuore dell'Uomo. Le religioni sono strumenti, strumenti per controllare la mancanza di significato, strumenti per riempire i vuoti e dar senso alle vite e alle sofferenze di noi esseri umani.
Nel corso degli anni però la consapevolezza umana è cresciuta. Esattamente come una singola vita umana nasce, cresce, e muore, trasformandosi e cambiando forma nel tempo, così l'umanità stessa ha delle proprie direzioni, e vive dei propri cambiamenti. Soluzioni che un tempo funzionavano bene, come le religioni, adesso hanno più difficoltà ad avere lo stesso effetto. Almeno su alcune persone, su pezzi di umanità. Pezzi che mi contengono.
Nella ricerca del significato, trovo la soluzione adottata dalle religioni fin troppo semplice, approssimata, e dunque inaccettabile. La vita sarebbe molto più facile se ci fossero veramente delle leggi divine. In quel caso trovare il proprio significato non sarebbe così difficile. Eppure, non ho mai provato nella mia personale esistenza il manifestarsi di leggi divine. L'unica cosa di cui ho fatto esperienza sono leggi fisiche e leggi umane.
Una domanda affascinante da porsi è la seguente:
Un modo alternativo di porsi la questione è chiedersi se esiste un linguaggio simbolico, ovvero un linguaggio matematico, che permette di descrivere il comportamento umano. Per quanto affascinante possa essere tale domanda, è molto al di fuori della nostra portata, almeno per adesso, e forse così sarà per svariati anni.
Per dar senso alle nostre vite abbiamo quindi bisogno di altri linguaggi, linguaggi meno eleganti della matematica ma più utili e concreti rispetto al problema in questione. Tra questi, il linguaggio più efficace per dar senso alla nostra vita è il linguaggio delle emozioni.
Il fatto è in realtà piuttosto semplice, o, almeno, più semplice di quello che potrebbe sembrare a prima vista. Il fatto è che la vita non necessità di spiegazioni logico-matematiche, ma necessità prima di tutto di presenza. Il significato non è qualcosa che si costruisce in modo ragionevole. Il significato è forse la cosa più lontana dalla ragione. È, piuttosto, una sensazione intuitiva. Una sensazione che riempie il nostro corpo e che non può completamente essere descritta a parole.
Questa sensazione intuitiva però può essere persa di fronte al dolore e alla sofferenza. Il cervello non reagisce bene a determinate sofferenze, e certe volte, pur di far sopravvivere l'individuo, sacrifica la cosa più sacra che lo caratterizza: la propria intuizione.
Se dico di non credere in Dio ad un credente, lui mi potrebbe domandare:
Se non credi in Dio, in cosa credi?
Ed io risponderei
Credo che il mio corpo è reale, che io esisto, e che il mio essere ha una propria volontà. Una volontà che non comprendo a pieno, ma che sento, che intuisco in ogni momento in cui mi ascolto, sia quando sono sveglio che quando dormo. Credo che questa vita non necessità di significati superiori, ma che la vita stessa ha un significato nel proprio manifestarsi.
La sfida più difficile in questa vita è riuscire a superare la sofferenza della perdita, una sofferenze che noi tutti proveremo più e più volte nelle nostre brevi ma intense vite. Certe volte la perdita sentita è talmente profonda e talmente potente che la tristezza si trasforma in alienazione, una alienazione dalla vita stessa che ci disconnette dal nostro corpo, dalle persone attorno a noi, e dunque dalla nostra intuizione.
Il significato si trova proprio lì, nella sofferenza della perdita, in quella sensazione corporea di mancanza e debolezza.
Analizzando il nostro dolore, possiamo riprenderci il nostro significato, ed una volta che capiamo il nostro significato, possiamo nuovamente difenderlo ed esplorarlo meglio, per farlo continuare a vivere in noi. E, così, possiamo vivere una vita piacevole, una vita che va oltre il dolore della perdita, una vita degna di essere chiamata tale.
Mi devo dunque correggere, perché all'inizio ho affermato che il significato si trova nella sofferenza, mentre in realtà il significato non è destinato a rimanere per sempre nella sofferenza, ma può anche andare in altri luoghi.
Ecco, la nostra più grande responsabilità
Dobbiamo riprendere il nostro significato per non annegare nella terribile tempesta formata dalle miriadi di volontà umane che ci circondano, ciascuna viva e potente tanto quanto noi.